I lavoratori dei call center che svolgono il proprio lavoro con l’obbligo di rispettare un orario, sottostando alle direttive impartite dall’azienda, utilizzando strumenti e l’ambiente di lavoro messi a disposizione dal datore hanno diritto ad un contratto stabile.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione confermando una pronuncia della Corte d’appello di Venezia che aveva riconosciuto come subordinato il lavoro di 15 lavoratrici, dipendenti di una società veneta operante nel settore pubblicitario, la quale, invece, sosteneva che il lavoro svolto da questi fosse di natura autonoma. Per la Suprema Corte (sezione lavoro, sentenza n. 9812 del 14-4-2008), «l’elemento decisivo che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro ed il conseguente inserimento del lavoratore in modo stabile ed esclusivo nell’organizzazione aziendale». La delibera della Cassazione nel caso di specie ha ritenuto sussistente la subordinazione per il fatto che le lavoratrici «erano tenute ad osservare un orario, che dovevano giustificare le assenze, che si avvalevano di attrezzature e materiali forniti dalla società e che si dovevano attenere alle direttive del datore di lavoro». Nella sentenza del 14 Aprile 2008, quindi, attraverso alcuni degli indici e dei criteri utilizzati negli anni nella giurisprudenza per accertare la reale natura del rapporto di lavoro (in questo caso vincolo di orario, vincolo di subordinazione, utilizzo di ambiente e strutture disposti dal datore), i giudici ribadiscono ancora una volta come l’utilizzo dei Co.Co.Pro nei call center sia illecito e soprattutto a danno ( sia dal punto di vista economico che contributivo) dei lavoratori che svolgono a tutti gli effetti un lavoro di tipo subordinato.