Collettivo Precari Atesia ed i contratti a progetto

 
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Negli ultimi anni le varie riforme della legislazione del lavoro hanno influito pesantemente sulle vite dei lavoratori, che si sono visti sottrarre tante conquiste e diritti sacrosanti, a causa di una sempre maggiore precarizzazione del lavoro, dovuta in particolare all’enorme proliferazione dei contratti cosiddetti “atipici”. Ma per comprendere fino in fondo gli effetti di questi processi sui rapporti di lavoro è opportuno analizzare uno dei settori maggiormente interessati: quello dell’ict (information & comunication technology).



Il call center Atesia rappresenta un ottimo esempio; Atesia è presente sul mercato da oltre 15 anni, e da quando esiste ha registrato una crescita costante per dimensione e fatturato. Dispone di oltre 5.000 operatori, 1422 postazioni, gestisce 300.000 contatti telefonici al giorno, solo nel 2004 Atesia ha prodotto un giro d’affari per 4.300 milioni di euro.




Il motivo di questo grande successo imprenditoriale che coinvolge un po’ tutto il settore dei call center, è dovuto al massiccio utilizzo di forme contrattuali “flessibili” come i contratti a progetto, che sono devastanti per i lavoratori, ma molto convenienti per i padroni.




I contratti a progetto non sono altro che un’evoluzione dei Co.Co.Co.: compenso libero e non legato ad alcun contratto nazionale, contributi inferiori al 20% della retribuzione, pagati in parte dal netto del lavoratore, e nessuna garanzia su ferie, maternità, malattia, insomma una vera e propria legalizzazione del “lavoro nero”.


In questa insostenibile situazione, da qualche anno, è nato il Collettivo Precari Atesia, organizzazione nata dal basso, formata direttamente da alcuni lavoratori dell’azienda per rivendicare il loro diritto a un contratto a tempo indeterminato e condizioni di lavoro dignitose.




Su richiesta del collettivo, a fine agosto 2006, arriva l’ispezione del giudice provinciale del lavoro, che decreterà la natura subordinata (e non parasubordinata) del rapporto di lavoro, l’incompatibilità del contratto a progetto con il lavoro nei call-center e l’obbligo di immediata conversione dei rapporti di collaborazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato.




Questa decisione arrivata dopo anni di lotte portate avanti non solo dai lavoratori di Atesia, ma dai precari del comparto dell’ict in tutta Italia, non lascia spazio a dubbi: nel momento in cui viene riscontrato che un lavoratore a progetto in realtà, nello svolgere le proprie mansioni, è sottoposto a vincolo di subordinazione, ovvero svolga un lavoro dipendente, il suo contratto diventa a tempo indeterminato e viene inquadrato nel CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) che il giudice del lavoro ritiene più adeguato.




Ciò significa non solo stabilità, ma anche una retribuzione in media superiore almeno al 30% di quella di un Co.Co.Pro., ed inoltre il diritto al rimborso di tutto il pregresso sia in termini contributivi che retributivi.




Nella finanziaria 2007 Una vera mazzata per gli imprenditori del settore che, nel tentativo di attutire il colpo ed evitare di perdere una marea di cause di lavoro, sono riusciti ad inserire all’interno della finanziaria 2007 con l’art 178, una sorta di sanatoria per coloro che hanno fino ad adesso abusato illecitamente dei contratti a a progetto.




In sostanza l’art. 178 dà facoltà alle aziende di proporre ai dipendenti Co.Co.Pro. l’assunzione a tempo indeterminato con un contratto adeguato alle mansioni esplicate in cambio della firma di un atto conciliativo, con cui il lavoratore rinuncia a rivalersi legalmente sul passato in termini “retributivi, contributivi e risarcitori”.




Non serve certo una laurea in giurisprudenza per capire che, in realtà, questa è una vera legge truffa, che invita il lavoratore a rinunciare ai suoi diritti e a non intentare una causa legale che lo porterebbe a una sicura vittoria, a un posto di lavoro stabile e a un cospicuo risarcimento economico.




In più nell’ultimo decreto vagliato dal decaduto governo Prodi, il cosiddetto “decreto milleproroghe” si è rinnovato ulteriormente il termine ultimo per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro dove era utilizzato illecitamente il Co.Co.Pro. dal precedente 20 Aprile 2008 all’attuale 20 dicembre 2008. Ancora otto mesi per sfruttare i lavoratori, sottopagarli, privarli di contributi e nel caso licenziarli per evitare di stipulare un contratto di lavoro “regolare” ma del tutto sconveniente.




Ma se effettivamente nel centro e nel nord Italia si procede alla regolarizzazione dei contratti illegali, in particolare attraverso l’art 178, nel meridione si continua ad assumere a “progetto” in barba alle stesse sentenze della magistratura, alle circolari ministeriali e agli articoli di legge (solo il 1 agosto l’ispettorato del lavoro di Napoli ha riscontrato violazioni in 18 call-center e help-desk ed imposto la regolarizzazione di 3341 dipendenti entro il 21 settembre). In più esistono casi di interi call-center con varie centinaia di lavoratori scomparsi nel nulla, a causa dello spettro della regolarizzazione dei rapporti di lavoro.




Una situazione paradossale, derivante dalla mancanza di conoscenza e sindacalizzazione dei lavoratori del sud, di cui gli imprenditori approfittano per trarre enormi profitti.




E’ necessario trovare una via d’uscita a questa situazione sempre più disastrosa per i lavoratori, e le esperienze del Collettivo Precari Atesia e dei lavoratori in lotta in tutta Italia devono essere, in questo senso, un esempio. Arrivare ad una vittoria è possibile, ma bisogna comprendere che le uniche armi per combattere sfruttamento e precarietà, sono l’autorganizzazione e l’unità delle lotte dei lavoratori, gli unici veri strumenti per arrivare a condizioni di lavoro dignitose e ad una retribuzione adeguata.

 


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